Diana e Atteone
L’opera si riferisce a un episodio classico: Atteone fu istruito nell’arte della caccia da suo padre o forse dal centauro Chirone. Offese Diana o perché avrebbe preteso di superarla nella caccia, o perché, durante una battuta di caccia, l’avrebbe sorpresa nuda, come è documentata nella scultura, e non con il tipico abbigliamento da cacciatrice, mentre faceva il bagno nella fonte sul monte Citerone. Per evitare che se ne vantasse, la dea lo trasformò in cervo e i suoi cani lo divorarono. La scomparsa del padrone rattristò i cani, ma il centauro Chirone modellò una statua d’Atteone così somigliante da farli calmare. È quest’ultimo motivo quello più frequentemente rappresentato nell’arte; ma, la di là dell’aderenza al mito, si individuano qui, nel torso e nella testa di Atteone, le memorie e le riprese da Selinunte, maturate da Andreotti nel soggiorno palermitano e rielaborate anche a distanza di anni. Lui stesso in una breve nota scrisse: “A Palermo mi piacquero le Metope di Selinunte, non le dimenticai a Firenze, mai, e i bassorilievi di Giotto mi parevan della stessa razza”. É a questo momento (1914 circa) la scultura più grandiosa e teatrale di Andreotti e con le opere più misurate, (Donna con i cembali, Danzatrice e Venere moderna), è la testimonianza più significativa della piena coscienza e della degustazione del vivace ambiente parigino, anche al di là della ben delineata frontiera Rodin-Bourdelle, non esente da riflessi di Maillol e della Secessione viennese. L’opera fu commissionata da Philip Sasson per la Villa di Hite (vicino a Londra) per essere collocata nel suo parco sopra una grande balaustra, una di fronte all’altra: Diana nell’atto di lanciare i suoi cani, Atteone pronto alla difesa. L’opera dovette soddisfare lo stesso Andreotti che fece fare una seconda fusione (Vignali) del particolare composto dai cani, come pezzo a solo. Enrico Sacchetti in Vita d’artista scrive che in quest’opera Andreotti era riuscito “finalmente” a dire qualche antica verità con un accento nuovo, in un dominio della forma va calmo e sicuro, e in un felice e pieno accordo lea fra la grazia e la forza. E aggiunge di averlo visto per giorni e giorni alle prese con i modelli: per i cani, due magnifici levrieri neri e lucidi e guizzanti e per Atteone un giovanissimo boxeur negro.
Piano: Secondo
Sala: Opere Giovanili
Anno: 1913-14
Autore: Libero Andreotti